L’animazione in Giappone ha da sempre avuto molta importanza, tanto da avere una produzione di gran lunga maggiore rispetto al cinema tradizionale, esprimendosi non solo attraverso il mercato cinematografico, ma anche con quello televisivo e home-video. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se già negli anni ’70 si è presa coscienza del potere comunicativo di questo genere: l’animazione, infatti, attraverso le sue componenti (immagini-movimento e suoni) e la sua duttilità è in grado di trattare ogni genere d’argomento in modo universale. I cartoni diventano educativi grazie all’impegno di canali TV e autori di spessore.
Cartoni ed educazione dei ragazzi
La Nippon Animation, nel 1975, decide di sfruttare al massimo queste capacità utilizzando i cartoni animati con intento educativo e producendo il World Masterpiece Theatre (Sekai meisaku gekijo o più brevemente Meisaku, “Teatro dei capolavori mondiali”). Il programma, trasmesso la domenica sera, contiene serie ispirate a romanzi per ragazzi, nello specifico di origine occidentale. Il cartone animato diventava lo strumento perfetto per poter insegnare e invogliare i ragazzi ad avvicinarsi alla letteratura, divertendosi. I cartoni animati prodotti per questo progetto, che dura fino al 1997 concludendosi con Dolce Remì, erano di un’eccellente livello.
Probabilmente questa perfezione è dovuta al massimo rispetto che i giapponesi hanno verso l’opera letteraria, infatti ogni romanzo veniva studiato fin nei più piccoli particolari per poter rendere la serie totalmente fedele all’opera. Si studiavano le scenografie, la vita quotidiana, l’ambiente in cui si svolgeva l’azione, i vestiti dell’epoca, il contesto socio-culturale e la psicologia di ogni personaggio. Tutto questo contribuisce ad allargare la fascia di pubblico, le serie non attirano solo i bambini, ma anche gli adulti che si ritrovano ad apprezzare la trasposizione delle opere letterarie in anime.
Il Meisaku e Flo, la piccola Robinson in Italia
Il World Masterpiece Theatre arriva in Italia tra i primi anni ’80 e la fine degli anni ’90 , trasmesso inizialmente dalla Rai e in seguito da Mediaset, ha subito un enorme successo. Anche oggi queste serie vengono continuamente riproposte nel nostro palinsesto televisivo proprio perché i programmatori italiani accettano e comprendono meglio i temi trattati, rispetto agli altri anime, limitandone così la censura. Tra i cartoni animati appartenente a quel programma possiamo ricordare Heidi, Anna dai capelli rossi, Là sui monti con Annette, Pollyanna, Una per tutte tutte per una, Il libro della giungla, L’ape Maja e Flo la piccola Robinson.
Tra tutte queste serie quella più educativa era senza dubbio Flo, la piccola Robinson. Questo perché il romanzo da cui è tratta, Swiss Family Robinson del 1812 di Johann Wyss, era a sua volta uno strumento educativo: ogni vicenda dei naufraghi era, infatti, permeata da una serie di lezioni di storia, geografia, fisica e storia naturale. Il cartone viene mandato in onda, per la prima volta, in Giappone nel 1981 dalla Fuji tv ed arriva in Italia solo un anno più tardi su Rete 4.
La storia di Flo
Le prime tre puntate hanno la funzione di prologo. infatti, oltre a introdurre la storia vengono presentati i personaggi, le loro abitudini e il loro carattere. Da queste prime puntate (La lettera, La partenza, Flo ci ripensa) sappiamo che la famiglia Robinson, composta dal padre Ernest, la madre Anna e da tre figli Franz, Flo e Jack, vive a Berna. Il capofamiglia è un medico molto gentile che si offre di curare non solo i pazienti ricchi, ma anche quelli più poveri, ed è proprio per questa sua indole che sente il bisogno di andare dove c’è realmente bisogno della sua competenza. L’occasione gli si presenta quando riceve una lettera dal dott. Eliot, un amico che vive in Australia, che lo invita a recarsi in quella terra lontana per esercitare là la sua professione. Dopo un consulto con la famiglia, Ernest decide di accettare e di partire immediatamente per l’Australia con la famiglia al seguito ed è durante questo viaggio che avviene il naufragio. A causa di una forte tempesta la nave su cui erano imbarcati i Robinson si scontra con un enorme scoglio che ne provoca l’affondamento. I passeggeri riescono a salire sulle scialuppe di salvataggio,ma la famiglia svizzera non vi trova posto e rimane sulla nave. Da questo momento in poi inizieranno mille sfide da affrontare: dalla costruzione di una zattera, a procurarsi il cibo. Ma dovranno anche difendersi dagli animali feroci e continuare a vivere una vita il più possibile, normale.
Gli insegnamenti
Il personaggio chiave per l’intento educativo dell’opera è, senza dubbio, il padre Ernest. La sua figura incarna la coppia senpai-kohai tipica della società giapponese, dove il primo termine indica”colui che ha iniziato prima”, ed il secondo “colui che ha iniziato dopo”. Il padre diviene, quindi, maestro della sua famiglia e grazie al suo ingegno e al suo sapere riesce a costruire una casa e una zattera, ma anche a produrre tutto il necessario per la sussistenza, come il sale e lo zucchero. In questo modo il giovane spettatore avrà lezioni di vita mai pedanti o fuori luogo e impara, assieme ai protagonisti, come fronteggiare le difficoltà.
Il regista Yoshio Kuroda decide di dedicare interi episodi alle scoperte e alle invenzioni del padre, questo perché l’attenzione dello spettatore deve concentrarsi proprio sulla spiegazione (basti pensare che per la costruzione dell’orto sono serviti ben due episodi). Ernest svolge il suo ruolo di senpai in duplice chiave: all’interno dell’anime si presenta come insegnante, nel senso comune del termine, ma allo stesso tempo svolge lo stesso ruolo, in senso metaforico, per il suo nucleo familiare. La famiglia, infatti, si trova su un’isola deserta. Ernest, per evitare che regrediscano allo stato primitivo e che perdano la propria identità di esseri umani, organizza le loro giornate in maniera tale che rimangano a contatto con la civiltà, con la realtà e con ciò che sono. Così la mattina i bambini sono costretti a studiare, come se fossero a scuola, Anna si dedica all’orto e il padre alla caccia.
La piccola Flo
Il personaggio chiave per il moto dell’azione, invece, è la figlia Flo. La ragazzina un po’ maschiaccio, sempre allegra e combina guai non era presente nella storia originale, che invece parla di una famiglia di naufraghi composta da padre, madre e quattro figli maschi. Non è chiaro il motivo dell’inserimento di questo personaggio, alcuni ritengono che il regista si sia ispirato al telefilm americano The Swiss Family Robinson del 1975; dove la famiglia era composta da padre, madre, due figli e una bambina naufragata con loro. C’è chi dice, invece, che il personaggio sia stato inserito per far avvicinare all’anime anche il pubblico femminile. Al di là di questo, Flo diviene la protagonista del cartone animato, è lei la voce narrante ed è sempre lei, con i suoi guai o le sue idee, a dare inizio all’avventura in ogni puntata.
Se poi Ernest incarna il maestro saggio, Flo diviene la portavoce dei sentimenti. La bambina, infatti, si dimostrerà la più forte della famiglia tanto da consolarli e fargli forza nei momenti più difficili,e sarà l’unica a superare il muro di indisponenza del marinaio Morton, naufragato nell’isola un anno dopo di loro. Inoltre la piccola Robinson ha un forte rispetto per la natura tanto da insegnarci che non dovrebbe mai essere defraudata, bensì coltivata solo ai fini della sopravvivenza; non solo, Flo ci insegna anche che gli animali sono creature da amare e rispettare e che attività come la caccia sono strettamente finalizzata alla sopravvivenza.
Personaggi
Gli altri personaggi sono psicologicamente molto caratterizzati:
la madre Anna è molto paurosa, ma riesce a diventare coraggiosa nel momento del
pericolo; il fratello più grande, Franz, è il classico adolescente che non sa
ancora cosa vuole dalla vita, con il sogno della musica e un amore appena
sbocciato; ed il fratellino più piccolo Jack che piange se lontano dalla mamma,
ma pronto a giocare con tutti soprattutto con il suo animaletto Mercr.
All’interno della storia c’è però anche un altro personaggio sempre in primo
piano, ma meno individuabile rispetto agli altri: la natura. Per tradizione
animista la natura ha per i giapponesi
un valore sacro, tanto da essere rappresentata in quasi tutti gli anime;
quando non è la protagonista viene contrapposta alla tecnologia. In questa
serie la natura ha doppia valenza: sia negativa che positiva. L’isola, infatti,
è per la famiglia Robinson un paradiso terreste, con la sua natura vulcanica è
molto fertile e permette la crescita di piante da frutto e di piccoli
orticelli. Al tempo stesso i lupi, le tempeste ed il vulcano minacciano i
naufraghi, che saranno costretti poi a lasciare l’isola con una zattera sperando
di raggiungere l’Australia. Eppure non è per questa parte violenta che Flo e
gli altri arrivano ad odiare l’isola che li ha salvati. L’insofferenza infatti
nasce per la mancanza della civiltà, per la solitudine e per tutte quelle
piccole cose che facilitano la vita, testimoniando così l’allontanamento
dell’essere umano verso colei che da sempre dona la vita.
La tecnica
Dal punto di vista prettamente tecnico la serie Flo, la piccola Robinson è stata realizzata in animazione limitata, ovvero un’animazione di tipo più economico, con meno disegni e meno dettagli, in cui le pose intermedie del movimento dei personaggi sono limitate. C’è da dire che nonostante questo i fondali, selvaggi e naturali, e il chara design dei personaggi sono molto ben curati, a differenza dei lavori di altri studi d’animazione come la Hanna & Barbera, famosa proprio per i fondali approssimativi e la loro becera ripetizione.
Fonti e link
Nanoda, portale di informazione sugli anime
Animeclik.it
Sezione anime di www.projectnerd.it
Gli orfanelli negli anime giapponesi, quando i cartoni diventano educativi.
La storia della creazione di Doraemon, un altro noto cartone animato giapponese ricco di spunti educativi.