
Il giapponese è l’ottava lingua più diffusa nel mondo. Essa è il risultato di una standardizzazione creata dal governo, attraverso l’unione del giapponese parlato con quello scritto che fino ad allora era il cinese. La struttura della lingua giapponese e la scrittura sono molto diverse dalle lingue europee.
SISTEMA DI SCRITTURA
La lingua giapponese è composta da 4 sistemi di scrittura differenti che fonde insieme nelle creazione delle frasi: due sistemi sillabici, hiragana e katakana, i caratteri di derivazione cinese, i kanji (i caratteri della dinastia Han), e talvolta i caratteri latini, i romaji. Infine vengono utilizzati i numeri arabi.
- KANJI 漢字: definiti anche ideogrammi, rappresentano idee e significati propri. All’interno della frase assumono un valore semantico, ovvero costituiscono i sostantivi, le radici dei verbi e gli aggettivi
- HIRAGANA ひらがな: alfabeto sillabico costituito da 46 caratteri. Esso viene utilizzato per le particelle, per la parte coniugata dei verbi, per i termini autoctoni e la trascrizione di kanji troppo complessi
- KATAKANA カタカナ: alfabeto sillabico di 46 caratteri. Viene utilizzato per trascrivere secondo la fonetica giapponese termini stranieri ed onomatopee
- ROMAJI: alfabeto latino che viene usato per gli acronimi e le citazioni straniere
VERBI
Il giapponese è una lingua “SOV” ovvero soggetto-oggetto-verbo, a differenza dell’italiano “SVO” soggetto-verbo-oggetto. Il verbo, detto doushi 動詞, è posto alla fine della frase. Come in italiano sono formati da radice e desinenza, ed essa verrà coniugata in base alla categoria di appartenenza. In giapponese, infatti, le desinenze sono catalogate in 3 categorie:
- Pentagrada, godan doshi 五段動詞
- Unigrada, ichidan doshi 一段動詞
- Irregolari, fukisoku doshi不規則動詞
Le proprietà che essi presentano sono la modalità, la voce, il tempo, la transitività e intransitività, la forma attiva e passiva, ma non vengono coniugati secondo la persona e il numero.
È interessante notare come il tempo venga diviso in non-passato e passato. Il “non-passato” equivale sia al presente che al futuro. La parte della frase che svolge il compito di specificare a quale “non-passato” corrisponda sono i gli avverbi che indicano il tempo dell’azione, come domani, dopodomani ecc.

REGISTRI
Essi sono il modo in cui i giapponesi adeguano il loro livello di cortesia in base all’interlocutore. In italiano è difficile dargli una giusta traduzione ma a livello conoscitivo e di comprensione corrispondo al nostro “tu” e “lei”. I tipi principali di registro che possiamo trovare sono 3:
- PIANO: è il registro che viene utilizzato quando si parla con gli amici o con qualcuno con cui si ha una relazione stretta
- CORTESE: è usato con i conoscenti o con qualcuno che non conosciamo. È un passe-partout per chi studia la lingua e vuole iniziare una conversazione con un giapponese in quanto ci permette comunque di mostrare gentilezza e cortesia
- ONORIFICO: quando l’interlocutore è un superiore o in un discorso ufficiale
PARTICELLE
Il giapponese, così come il coreano, è caratterizzato dalla presenza di particelle. Esse specificano l’elemento grammaticale al quale si riferiscono e il loro mancato uso ridurrebbe la frase a un semplice elenco di parole. La struttura della lingua giapponese si basa molto sull’uso di queste particelle.
Ad esempio:
マルコさん 箸 すし 食べます。
Marco-san hashi sushi tabemasu.
マルコさん: Marco
箸: bacchette
すし: sushi
食べます: mangia
In questa frase mancano le particelle e la sua traduzione risulta: Marco bacchette sushi mangia. Ora proviamo ad inserire alcune particelle:
マルコさんは箸ですしを食べます。
Marco-san wa hashi de sushi o tabemasu.
Marco mangia il sushi con le bacchette
マルコさんは箸とすしを食べます。
Marco-san wa hashi to sushi o tabemasu.
Marco mangia il sushi e le bacchette
Come vedete il senso della frase ( che in realtà ha poco senso, in quest’ultima versione).

SOSTANTIVI
Definiti meishi 名詞 in giapponese sono una delle parti invariabili della frase. Essi infatti non vengono modificati secondo il numero o il genere e non vengono preceduti da articolo determinativo o indeterminativo. Nella frase sono in genere seguiti da una particella che ne specifica la funzione grammaticale. Per sottolineare il plurale possono essere seguiti da suffissi come -tachi, たち, o dalla ripetizione della parola che si vuole volgere al plurale, che nei testi scritti compare con il segno grafico 々. La particolarità dei sostantivi giapponesi, ma anche di alcuni verbi, è l’esistenza di molti omofoni, ovvero diverse parole con la stessa pronuncia. Mentre nel parlato si comprendono dal contesto, nello scritto risulta più facile determinarne il significato grazie la presenza di kanji con i quali non possono risultare equivoci.
AGGETTIVI
Gli aggettivi, in giapponese keiyoshi, 形容詞, non hanno variazioni di genere e numero, quindi non concordano con il sostantivo al quale si riferiscono. Però hanno una forma per il passato e il non-passato, per l’affermativo e il negativo. Essi si dividono in due categorie:
Aggettivi in “i”, イ形容詞: terminano con una “i” che diventa la desinenza quando vengono coniugati.
Esempio: 暑い夏 atsui natsu
暑い: caldo, aggettivo
夏: estate, sostantivo
Aggettivi in “na”, ナ形容詞: definiti anche nomi o sostantivi aggettivali. Essi si legano al sostantivo che modificano tramite il “na”.
Come ad esempio: 簡単な試験 kantanna shiken
簡単な: facile, aggettivo
試験: esame, sostantivo
Bisogna inoltre precisare che in giapponese la parte modificata segue il modificatore.
FONTI per Struttura della lingua giapponese
“La lingua giapponese”, Marcella Mariotti, Carocci editore
“Grammatica giapponese”, Matilde Mastrangelo-Naoko Ozawa-Mariko Saito, seconda edizione, Hoepli
La lingua giapponese, Mario Carpino
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