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Yoko Ogawa: L’isola dei senza memoria

L'isola dei senza memoria Yoko Ogawa

Immaginate di svegliarvi una mattina, di aprire la finestra e di rendervi conto che qualcosa è scomparso per sempre. Gli uccelli, le rose, la primavera. Ecco cosa succede in un’isola senza nome, di cui non si conoscono le coordinate spazio-temporali: oggetti di uso comune, come le fotografie e i carillon, spariscono da un momento all’altro, e con essi anche la parola e l’essenza stessa dell’oggetto. Yoko Ogawa: L’isola dei senza memoria parla di questa perdita.

L'isola dei senza memoria, tradotto da Laura Testaverde
L’isola dei senza memoria nella traduzione italiana

Gli abitanti di quest’isola non provano alcun dolore per la scomparsa e a parte un’iniziale nostalgia, sembrano dimenticare l’esistenza dell’oggetto, il suo odore, il suo sapore ed ogni ricordo ad esso legato. Nell’Isola dei senza memoria, pubblicato in Giappone nel 1994 (Hisoyakana kessho) ed edito in Italia nel 2018 (Ed. Il Saggiatore) Yoko Ogawa dipinge un mondo distopico, dove il vuoto ingloba gradualmente e inesorabilmente frammenti di questo mondo. Ogni volta che si verifica una scomparsa, gli abitanti dell’isola si disfano dell’oggetto dimenticato. Come riprogrammati, continuano le loro vite accettando la nuova realtà con fatalismo e passività, perché nessuno può opporsi alle scomparse. Ma non tutti.

Edizione giapponese de L'isola dei senza memoria
L’isola dei senza memoria in edizione giapponese
Ricordi e parole in Yoko Ogawa: L’isola dei senza memoria

Infatti, ci sono persone che, per motivi a noi sconosciuti, riescono a custodire nel loro cuore il ricordo dell’oggetto scomparso e che si oppongono al sistema. A causa della loro capacità di mantenere immutati i ricordi, esse sono il principale bersaglio della Polizia Segreta, che ha il compito di stanare e catturare attraverso le cacce ai ricordi ogni donna, uomo, bambino che cela segretamente l’oggetto scomparso e il suo ricordo.

Pezzo dopo pezzo, in un climax inquietante, l’isola sembra sgretolarsi e stare a galla su un mare di vuoto dilagante: la protagonista, una scrittrice anonima e solitaria, inizia così a riflettere sul senso della scomparsa e della memoria. Il ricordo – sembra volere dire Ogawa – è ciò che ci definisce; dimenticare significa perdere una parte di sé, della propria umanità. Scrivere vuole dire imprimere su carta un pensiero, un ricordo e le parole diventano un mezzo per combattere la perdita di qualcosa. Ma se scomparissero anche le parole e la voce, cosa resterebbe?

Nuotare con un elefante

La parola, o meglio la sua assenza, è il tema centrale di un altro romanzo di Ogawa, Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto (Neko wo Daite Zoo to Oyogu), storia surreale, dai contorni fiabeschi, che condurrà Little Alechin in un viaggio popolato da personaggi fuori dal comune. Little Alechin è un bizzarro ragazzino a cui manca la parola. Sotto l’egida del Maestro riuscirà a comunicare usando un linguaggio non verbale, gli scacchi, trovando così un posto nel mondo.

Romanzo giapponese Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto
Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto

Due romanzi, due facce della stessa medaglia: se da un lato il silenzio è sinonimo di oblio, di dissolvenza delle nostre coscienze, dall’altro può essere un potentissimo mezzo di comunicazione.

Ogawa ci regala alcune delle pagine più belle del genere distopico e fantascientifico, capace di “dare espressione ai più minuti moti della psicologia umana, in una prosa che è tanto sgradevole quanto penetrante” (Kenzaburo Oe).

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