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Disastro di Fukushima: la letteratura risponde

DIsastro di Fukushima e letteratura

L’11 marzo del 2011, nelle coste nord-orientali del Giappone, un terremoto di magnitudo 9 scatenò uno tsunami violentissimo che distrusse la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi Okuma. L’incidente, definito “Triplice disastro”, assieme a Chernobyl è stato considerato uno dei peggiori della storia, e ha causato 15.700 morti, oltre 4.600 dispersi, 139 mila sfollati e 332 mila edifici distrutti. Inoltre, secondo alcuni esperti, solamente fra circa trent’anni si potranno constatare chiaramente i danni.

Oltre l’immaginazione

Scienziati ed esperti definirono la calamità sotegai, termine traducibile come “al di là di ogni immaginazione, previsione”. Alcuni autori giapponesi non accettarono questa definizione, perché allo stesso tempo deresponsabilizzava l’azione umana.  Infatti, Il Giappone dalla sua nascita è costretto ad affrontare terremoti, maremoti e tsunami, a tal punto che nel Paese è stata diffusa la “cultura della prevenzione”. I cittadini sono tenuti a prove di evacuazione, a tenere nelle abitazioni un kit per le emergenze, e installare sui propri smartphone applicazioni che avvertono di eventuali pericoli naturali.

Nonostante il governo giapponese e gli esperti fossero consapevoli della caratteristica sismica del territorio, e dei pericoli che malgrado le giuste prevenzioni potessero scatenarsi, hanno deciso di costruire delle centrali nucleari per poter fornire interrottamente energia elettrica alla capitale Tokyo. Per questo motivo, il Triplice Disastro di Fukushima ha portato diversi scrittori a esternare le proprie impressioni e pareri. Autori come Kawakami Mieko, Hideo Furukawa, Banana Yoshimoto e Tawada Yoko sono stati significativi nella letteratura del disastro di Fukushima: la letteratura sul tema è abbondante e approfondita.

Riflessioni sul disastro di Fukushima
March Was Made of Yarn: Riflessioni sul disastro di Fukushima

Kawakami Mieko

Kawakami Mieko, classe 76’ nata nel Kansai, ha scritto il breve racconto Sangatsu no keito (三月の系統 – Marzo di Lana). La coppia protagonista è in vacanza a Kyoto, in attesa che un evento inaspettato sconvolga la loro routine. Un pomeriggio vengono avvisati del terribile terremoto, e distanti da Fukushima, i due riflettono sulla sofferenza e sul dolore che possono provare gli abitanti del Tohoku, ritenendosi allo stesso tempo fortunati che il destino li abbia risparmiati da questa calamità, rendendo la catastrofe una questione di fortuna un 運, e di tempo taimingu タイミング. La catastrofe è rappresentata metaforicamente, come svela il titolo, da un gomitolo. Ogni trauma che si presenta nel corso della vita dell’uomo è un evento che ciclicamente compare, ma circoscritto per un breve periodo.

Hideo Furukawa

Hideo Furukawa originario della prefettura di Fukushima, ha scritto proprio per il Triplice Disastro Umatachi yo, soredemo hikari wa muku de (馬たちよそれでも光は無垢で – Cavalli, alla fine la luce rimane paura). Il romanzo racconta il viaggio eseguito dallo scrittore nell’estate del 2011 da Tokyo verso Fukushima. Durante il tragitto, Furukawa scopre come il disastro non abbia portato solo dei cambiamenti al territorio ma anche alle persone. Ad esempio, nota un astio nei confronti della popolazione del Tohoku da parte di altri giapponesi, per la paura che la radioattività possa giungere in altre zone del Paese. Questo timore porterà il governo a circoscrivere la popolazione nell’area danneggiata, senza alcuna possibilità di fuga. Infine, l’autore è alla ricerca di un responsabile, e cerca di comprendere perché si abbia costruito una centrale elettrica su un terreno instabile senza aver valutato i possibili rischi.

Hideo Furukawa, Alla fine della luce rimane la paura

Banana Yoshimoto

Banana Yoshimoto, scrittrice molto nota anche in Italia grazie al suo romanzo Kitchin, dopo qualche anno dalla calamità scrive il romanzo Suito Hiafuta (スウイト・ヒアアフター – Il dolce domani). L’autrice ammette che il triplice disastro non è l’origine della storia, ma nella postfazione conferma che l’evento ha influenzato la sua scrittura.

“Il terremoto dell’11 marzo non ha cambiato solamente la vita di chi abita nelle aree limitrofe, ma anche della mia Tokyo. Penso che sia difficile da comprendere che il testo sia indirizzato a quelle persone che hanno vissuto l’esperienza del Daishinsai, vive e morte”

Banana Yoshimoto

Lo scopo della Yoshimoto, infatti, è di creare l’illusione di un ponte che colleghi il mondo dei vivi a quello dei morti. Assieme alla protagonista Sayoko, sopravvissuta per miracolo da un incidente in auto, vivremo giorno dopo giorno il suo ritorno alla vita, e alla ricerca della forza dentro sé stessa, la quale la spinge ad andare avanti dopo aver perso l’amore della sua vita Youichi. L’ostacolo più grande che si presenta a Sayoko è il senso di vuoto, metaforicamente rappresentato dalla ragazza da un foglio bianco shiroikami 白い紙, sul quale ben presto la protagonista è pronta a scrivere un nuovo inizio.

Non è un testo dedicato alla catastrofe di Fukushima, ma è ricco di elementi che possono essere correlati al disastro del 3.11. Ad esempio, Sayoko nell’incidente viene ferita gravemente da una lastra di ferro, molto simile a quelle dei manichini presenti nel suo atelier, e in questo caso possiamo notare come un oggetto famigliare e utile possa risultare per l’essere umano pericoloso. Allo stesso modo, le centrali nucleari forniscono energia costantemente, ma un loro malfunzionamento può essere letale.

Come altri romanzi di Banana Yoshimoto, anche Il dolce domani è un testo nato per curare le proprie ferite. Man mano che sfogliamo le pagine, impariamo dopo un evento traumatico ad andare avanti.

Banana Yoshimoto, letteratura ispirata dal disastro di Fukushima
Banana Yoshimoto, Il dolce domani

Tawada Yoko

Tawada Yoko, autrice poliglotta e poliedrica, per via della sua capacità di scrivere testi sia in giapponese che in tedesco, ha scritto per Fukushima numerosi testi, ma il più significativo è Kentoshi (遣唐使 – Diplomatico inviato dalla Cina dei Tang). In un Giappone distopico, post-catastrofe, la popolazione ritorna a vivere una sorta di medioevo: il Paese è completamente chiuso, nessuno vi può entrare o uscire, internet è stato vietato, e gli anziani ultracentenari hanno perso la capacità di morire, mentre i giovani sono diventati deboli. La voce narrante è di Yoshiro, nonno di Mumei, che si ritrova costretto ad accudire il nipote, nella speranza che si riprenda in tempo per la spedizione della terra ignota di Madras, dove si svolgono delle ricerche farmacologiche per sconfiggere le malattie provenienti dalle radiazioni.

Ciò che distingue Tawada dai suoi colleghi è l’aver interpretato il disastro sia nella sua lingua madre sia in tedesco. I temi affrontati dall’autrice inoltre sono condivisi da quei giapponesi che hanno vissuto la catastrofe al di fuori del Paese. In particolar modo, ciò che accomuna la scrittrice con il suo pubblico è la paura di un Giappone chiuso, come nel periodo Tokugawa, definito anche sakoku 鎖国, e che scatena la preoccupazione data dall’impossibilità di non poter più tornare in patria. Altro tema fondamentale, invece, è la collaborazione con gli altri Paesi stranieri per poter salvare la popolazione. In questo modo, l’acqua che circonda l’arcipelago giapponese non è un elemento che circoscrive la calamità, ma diventa un problema condivisibile per poter trovare assieme delle soluzioni di salvezza.

La letteratura si è mostrata nuovamente un mezzo fondamentale per poter testimoniare, raccontare ed esprimere. Inoltre, ci ricorda come è importante rispondere alle ingiustizie, come per l’evento tragico di Fukushima, e di proteggere ciò in cui crediamo. Infine, di come sia importane scrivere per non dimenticare.  

Fonti Disastro di Fukushima: la letteratura risponde

David Karashima, Elmer Luke, March was Made of Yarn, Vintage Books,2012
Hideo Furukawa. Horses, Horses, in the End The Light Remains Pure, trad. Doug Salymaker e Akiko Takenaka, The Asian Pacific Journal, marzo 2016
Bananaya Yoshimoto, Afterwords, 2011
De Pieri- V, Dystopia as narrative keyword: Tawada Yoko’s response to Japanese 3/11, Loxias 2016

La letteratura della bomba atomica di Alessandro Bianco

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Comments (12)

Molto interessante e scritto bene! Ottimo lavoro 😉

Complimenti Miss Erica per questo articolo molto interessante, questo disastro nucleare è stato devastante sotto qualsiasi aspetto. Gli autori ed autrici citati sono sempre un’ottima fonte da cui osservare la prospettiva sotto un’altra lente. Senz’altro darò un’occhiata anche a loro! Aspetterò un nuovo articolo da parte sua grazie!

Articolo interessantissimo! Non mi sono mai occupata di letteratura giapponese, ma hai acceso un grande interesse, Erica, complimenti! :))

Bello, molto interessante, non sapevo dell’esistenza di una letteratura riguardante l’argomento.

Un bel argomento da prendere in considerazione è di quello che succede nel mondo grande Erika Fortunato sei mitica😄

Riflessioni molto interessanti.
Mi è piaciuta soprattutto l’ultima Autrice che ha la possibilità di vedere le cose con un’ottica esterna. Si può avere un approfondimento su quella?

Bell’articolo!!! Grande Erika , ottime le iniziative per far conoscere e approfondire, in Italia, la letteratura e gli argomenti riguardanti il Giappone. Ottimo anche il modo di scrivere l’articolo, la lettura risulta molto fluida e piacevole!

Articolo molto interessante e con tantissime informazioni all’interno. Ottimo lavoro di divulgazione, e con tanti aneddoti inediti. Al prossimo articolo!:)

Giulia Elisa Maria (Milka)

Molto interessante, brava Erica! Tutti romanzo che non conoscevo e che grazie al tuo articolo mi hai fatto venire voglia di leggere, in particolare Kentoshi.

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