
Il tasso di suicidi del Giappone spicca tra i paesi del G7, ed è l’unico di quei paesi in cui il suicidio è la principale causa di morte tra i giovani. Il suicidio tende a essere visto come un problema individuale, ma nella maggior parte dei casi la persona sente di non avere altra scelta, probabilmente a causa di problemi sociali quali la disoccupazione e la conseguente lotta per guadagnarsi da vivere, i debiti eccessivi o il superlavoro.
Queste morti possono essere viste come “evitabili”, se si riescono ad attuare delle opportune contromisure sociali.
Governo e prevenzione
La situazione in Giappone è sempre stata preoccupante: già nel 2015, secondo “The Nippon Foundation Suicide Awareness Survey” del 2016, condotto dalla Nippon Foundation, in concomitanza con la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, ben 24.000 giapponesi si erano tolti la vita.
Anche prima della pubblicazione dei dati sopra citati, il Governo giapponese si è sempre dimostrato particolarmente attento nei confronti di questa problematica e già nel 2005 il suicidio iniziò ad essere considerato un vero e proprio problema sociale. In seguito a ciò, la competenza per la prevenzione del suicidio è passata dal Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare, diventando però di fatto una problematica gestita dalla totalità dei Ministeri.

Tuttavia, in seguito allo scoppio della crisi sanitaria mondiale dovuto alla pandemia da Covid19 nel 2020, anche in Giappone è stato nominato un Ministro della Solitudine, seguendo l’esempio britannico.
La seconda ondata dell’epidemia Covid-19 in Giappone sembra aver avuto delle ripercussioni, ancor più gravi della prima, sulla salute mentale dei cittadini giapponesi, soprattutto per le donne. Solo nel 2020 sono state registrate altre 21.000 persone affette da depressione causata dalla pandemia.
Chi ha cercato di migliorare la situazione? Il Governo Metropolitano di Tokyo
suicidio in Giappone: app come prevenzione
Nel tentativo di prevenire il suicidio dei giovani nella capitale, da aprile 2019 il governo metropolitano di Tokyo ha avviato una chat di supporto, in caso di crisi, sulla popolare app di messaggistica gratuita Line.

Basta semplicemente richiedere assistenza su quest’app per ottenere un consulto online a seconda della problematica.
“È il primo giorno di scuola superiore, ma già non voglio andarci” e “Non riesco a fare amicizia” erano tra i tweet più frequenti, presumibilmente postati da giovani studenti. Tali tweet hanno iniziato ad aumentare in seguito allo svolgimento delle cerimonie di ingresso e di apertura per il nuovo semestre nella maggior parte delle scuole di Tokyo.
Nel tentativo di frenare l’aumento del bullismo scolastico e del suicidio giovanile, il Tokyo Metropolitan Board of Education ha trasmesso un messaggio speciale attraverso le scuole gestite dal governo metropolitano, consigliando agli studenti di non affrontare i problemi da soli.
“Se pensi che un problema non possa essere risolto da solo, consulta prima gli adulti vicini a te, inclusi i tuoi tutori e insegnanti”.
Esempio di messaggio-amico inviato tramite Line
Tra le altre soluzioni, i bambini sono stati incoraggiati a utilizzare la chat “Sodan Hot Line @ Tokyo”, gestita direttamente dal Bureau of Social Welfare and Public Health. Questa particolare piattaforma è stata pensata in modo che i giovani potessero facilmente chiedere aiuto e consiglio: per diventare un utente, è necessario aggiungere l’account Sodan Hot Line alla propria lista di amici, scansionando un codice QR fornito sul sito ufficiale e scegliere tra i tipi di problemi che si stanno affrontando.
Purtroppo, attualmente quest’ultima offerta non è più valida, la Sodan Hot Line ha offerto consulenza individuale solo fino al 31 marzo del 2020, dalle 17:00 alle 22:00.

Koki Ozora e “anata no ibasho”
Benché abbia solo ventidue anni, Koki Ozora ha provato sulla sua stessa pelle cosa voglia dire sentirsi solo. Il ragazzo ha vissuto un’adolescenza molto faticosa, tra solitudine e depressione, e ritiene che nel suo Paese non sia ancora chiara la differenza tra una sana capacità di stare soli e le forme di totale, disperato isolamento che affliggono la società nipponica.
Pur essendo ancora un semplice studente, è riuscito a trasformare la tristezza provata nella sua vita in un sostegno concreto per chi, come lui, ha desiderato porre fine a tutto drasticamente. E’ così che nasce “Anata no ibasho”, ovvero “Un posto per te”, di Ozora: un’organizzazione no profit basata sulla creazione di un servizio di volontariato online composto da quasi 500 persone. Una squadra disposta ad offrire ascolto a persone in difficoltà, 24 ore su 24, ma in particolare nelle ore più dure, tra mezzanotte e l’alba. Anata no Ibasho ha ricevuto più di 15.000 messaggi, con una media di circa 130 al giorno.
Chi prova odio per sé stesso, chi non riesce a sostenere la pressione lavorativa, chi è in difficoltà con l’educazione dei propri figli: le persone tendono a darsi la colpa di tutto. Tuttavia, secondo Ozora, non si deve assolutamente negare i loro sentimenti, né tantomeno cercare di forzare una soluzione in maniera frettolosa. L’unico miracolo che, secondo lui, può realmente aiutare queste persone a superare le loro difficoltà, è qualcuno che li ascolti sul serio.
Nonostante questa problematica sociale sia ben lontana dall’essere risolta, è bello sapere che ci sono persone pronte a dare una mano con idee e soluzioni brillanti. E mentre le continue notizie sugli effetti del coronavirus sono tristemente diventate comuni, è giusto raccontare anche storie sulla gentilezza di estranei e individui che sacrificano loro stessi per dare un sostegno concreto ad altri.
Fonti su suicidio in Giappone, app
“The Nippon Foundation Suicide Prevention Project”, Nippon Foundation
“Japan youngster starts volunteer online message counseling”, Mainichi Japan, 10/2020
“Tokyo gov’t offers support on Line app to prevent suicide of youths”, Mainichi Japan, 2019
“Giappone: aumento dei suicidi durante la pandemia COVID-19“, di Marina Penasso, 2021
Immagini di Dan Meyers su Unsplash, Jerry Zhang su Unsplash, Adem AY su Unsplash.
Shinju – il doppio suicidio d’amore di Elena Santella