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L’iconografia del gatto nell’ukiyo-e

Gatti nell'arte giapponese

In Giappone sono molte le persone che apprezzano i gatti: neko café e mostre fotografiche dedicate interamente a questi amici felini sono solo alcuni dei luoghi assiduamente frequentati dagli amanti del settore. Ma dove e quando è iniziato questo amore? L’iconografia del gatto nell’ukiyo-e potrebbe essere una delle prime testimonianze di questa passione giapponese.

Molti artisti importanti hanno inserito questo soggetto all’interno delle loro opere ukiyo-e. Ma qual è la storia, l’iconografia, che si nasconde dietro a queste figure aggraziate?

Prima di tutto è necessario aprire una breve parentesi storica sulla comparsa di questo felino nel Paese del Sol Levante: il gatto “domestico” è stato importato dalla Cina durante il regno dell’imperatore Ichijo (986-1011), tuttavia quello selvatico esisteva già da prima sul territorio. Veniva trasportato sulle navi dirette in Giappone, in modo che potesse proteggere i beni di importazione dai topi e fu proprio grazie a questo suo ruolo di protezione che riuscì a beneficiare di un’immagine positiva. Il gatto, all’epoca, era considerato un animale esotico e quindi un lusso che soltanto la famiglia imperiale e nobili molto ricchi potevano permettersi.

Gatto e amore

Il gatto ha cominciato ad apparire all’interno delle opere come soggetto a partire dall’epoca Muromachi (1336-1573) e, con il tempo, la sua rappresentazione è diventata anche un’allusione a sentimenti di tipo romantico e/o passionale. Possiamo trovarne un esempio nelle seguenti opere.

Arte antica giapponese con gatti

Nella prima opera è raffigurata una scena ispirata al Genji Monogatari, nella quale la terza principessa (Onna San no Miya), inseguendo il gatto uscito dalla stanza, finisce per essere vista da Kashiwagi, il quale si innamora follemente di lei. In quest’opera il gatto acquista un ruolo ancora più esplicito, esso infatti stringe in bocca una lettera d’amore indirizzata all’uomo.

Nella seconda stampa, invece, il suo simbolismo rimane più velato, questa infatti ritrae un giovane uomo che fa visita ad una giovane donna, il lavoro svolto dalla ragazza della stampa, si pensa, fosse di facciata alla prostituzione illecita e il gatto presente nella scena, con la sua sola presenza, fornisce all’osservatore un’idea di quello che sarebbe avvenuto tra i due.

Stampa di Hiroshige con un gatto
Utagawa Hiroshige (1797-1858) Revelers Returned from the Tori no Machi Festival at Asakusa, from the series One Hundred Famous Views of Edo 1857, Nishikie, New York, The Metropolitan Museum of Art
il Gatto come simbolo

Un altro esempio di questo genere di simbolismo lo possiamo trovare nell’opera di Hiroshige, osservandola, infatti, sembra rappresentare una normale scena paesaggistica, ma concentrandosi sui particolari si può notare come essa nasconda altro al suo interno.

La visione del Mt. Fuji dalla finestra dà dei riferimenti geografici sul luogo in cui si trova questo interno, esso infatti è a Yoshiwara (un famoso quartiere di piacere di Edo). Per terra sono posati fermagli per capelli, miniature dei rastrelli che si potevano trovare al festival di novembre organizzato dal santuario Otori, santuario che si può intravedere dalla finestra. Questi fermagli sono doni portati da un cliente alla cortigiana. Dal taglio della scena si intuisce che la donna si trova al di là della parete decorata sulla sinistra.

La scena quindi potrebbe alludere alla presenza di una cortigiana e del suo cliente, nascosti dietro alla parete decorata. Tuttavia, Sarah Thompson (studiosa di storia dell’arte) da un’altra lettura dell’opera: secondo la studiosa infatti il gatto era stato così frequentemente associato alle belle donne che non si limitava ad indicare un rapporto di tipo romantico e passionale, ma anche solo alla presenza di una donna nella scena.

Gatto nel folklore giapponese

A partire dal XIV secolo i gatti non sono stati più considerati rari, nello stesso periodo cominciarono a diffondersi anche le prime credenze popolari legate a questi animali, superstizioni che raggiunsero il proprio apice tra il XVII e il XIX secolo.

L’opinione popolare differisce da regione a regione, ma si può riassumere come di seguito.

Esempi di iconografia del gatto nell’Ukiyo-e
Utagawa Kuniyoshi, Cats suggested by the fifthy-three station of Tōkaidō Road 1847, Nishikie, New York, Courtesy private collection

Il gatto considerato più pericoloso, quello con più probabilità di trasformarsi in un mostro, era quello rosso. Essi venivano chiamati anche “Kinka neko” (fiori dorati) e non era ritenuto opportuno tenerli a lungo al proprio fianco.

Quelli considerati leggermente più deboli, rispetto a quelli rossi, erano i gatti neri e bianchi. Venivano descritti come quelli che maggiormente infastidivano gli esseri umani.  Mentre il gatto nero aveva il potere di predire e controllare il tempo, e per questo era ben voluto dai marinai sulle proprie navi, i gatti bianchi venivano descritti come vecchi e saggi, molti gatti mostruosi che appaiono nelle storie popolari vengono descritti come bianchi.

Infine, il gatto dai 3 colori (mike neko) era il più apprezzato, si diceva infatti che portasse buona fortuna e che fosse il più addomesticabile tra tutti. Alcuni mercanti lo tenevano all’interno del proprio negozio come portafortuna alla stregua dei maneki neko.

È molto interessante anche analizzare l’opera di Utagawa Kuniyoshi da cui sono state estrapolate le immagini utilizzate poco sopra. Essa è un esempio di Jiguchi-e: stampe che presentano figure da cui, in base a giochi di parole, si possono intuire nomi di luoghi o di persone.

L'pera di Utagawa Kuniyoshi dedicata ai gatti giapponesi
Utagawa Kuniyoshi, Cats suggested by the fifthy-three station of Tōkaidō Road 1847, Nishikie, New York, Courtesy private collection

In questo caso abbiamo tre stampe che richiamano la serie di Utagawa Hiroshige, il quale ha raffigurato tutte le stazioni della strada Tōkaidō, da Edo a Kyoto; Kuniyoshi sostituisce la rappresentazione di paesaggi con gatti, e tutte le parole indicanti i nomi dei luoghi, con parole collegate al mondo felino. Un esempio lo abbiamo nella prima stazione, dove Nihonbashi (uno dei quartieri di Tokyo), è stato sostituito da Nihonbushi (“due pezzi di katsuobushi”). Il katsuobushi, pesce essiccato, è un cibo molto amato dai gatti.

Ma cos’era che tanto spaventava i giapponesi?

Un gatto che mutava forma era molto più temuto di altri animali del folklore giapponese, quali tanuki e kitsune, questo infatti possedeva poteri molto più spaventosi degli altri due animali, si credeva ad esempio che se un gatto passasse sopra al cadavere di qualcuno esso potesse tornare in vita sottoforma di demone. Erano temuti perché vendicativi, ed essere maledetti da un gatto portava sofferenza, malattia e in casi più estremi ad una precoce dipartita.

Esistono dei segnali per capire se un gatto sta per trasformarsi in mostro: la presenza di una tasca auricolare pronunciata nell’orecchio; atteggiamenti umani, quali la parola o l’andatura bipede; la divisione della coda in due (nekomata) o in tre (mitsumata) nel caso di gatti ancora più potenti.

Si credeva inoltre che i gatti mostruosi potessero anche prendere sembianze umane, spesso descritte come quelle di un’anziana signora.

In questa stampa viene raffigurata un’opera del teatro kabuki ambientata ad Okazaki, una delle stazioni della strada Tōkaidō, nella quale appare un gatto mostruoso sotto forma di anziana signora.

Gatti giapponesi come mostri
Utagawa Kunisada (Toyokuni III; 1786-1865) Actors Nakamura Jakunosuke as Senzaki Yagoro, Ichimura Uzaemon XIII as the Monster of Old Cat, Nakamura Shikan IV as Suwa Kazuemon 1861, Nishikie, Tokyo, Hiraki Collection

Nell’immagine di Utagawa Kunisada vediamo la scena principale della rappresentazione, dove i due samurai si apprestano a combattere il gatto mostruoso, che in questo caso non è raffigurato come una vecchia, ma come una bellissima donna, insegnante di danza. Questo per ovviare all’inesperienza dell’attore, un giovane fanciullo incapace di interpretare il ruolo dell’anziana signora.

Utagawa Sadahide (1807-1873), Okazaki, from the Fifthy.three Station of the Tōkaidō Road_ Actor Onoe Kikugoro III as the Cat Monster, 1835, Nishikie, Boston, Museum of Fne Arts

Nell’opera di Utagawa Sadahide, a destra, vediamo l’anziana intenta a bere l’olio di pesce da una lampada (molto amato dai gatti), rivelando così la sua vera natura.

La coda corta dei gatti giapponesi

In queste, come in altre opere, si può notare come i gatti raffigurati siano per la maggior parte a coda corta, tranne che nel caso dei nekomata.

In passato in Giappone vi era l’usanza di tagliare la coda ai gatti per due ragioni fondamentali: la prima è che una coda lunga ricordava la forma del serpente, animale che causava repulsione per elementi simbolici a lui collegati, la seconda era quella di provare ad avere un controllo sulla trasformazione del gatto in mostro, impedendo la divisione della coda in due.

Durante il periodo Tokugawa (1603-1868) i gatti goderono indirettamente dei benefici riservati ai cani (molto apprezzati dal governo per la loro grande fedeltà), e diventarono sempre più popolari tra la gente.

Di conseguenza, da tale epoca, la coda corta non si ricollega più ad elementi della superstizione, ma si può ritenere unicamente una rappresentazione dei gusti delle persone che, con alle spalle un tale bagaglio culturale, prediligevano compagni felini dalla coda corta.

Gatti con fattezze umane e iconografia del gatto nell’ukiyo-e

Un altro genere in cui sono stata rinvenute molte opere aventi come soggetti dei gatti sono i gijin-ga, un genere nel quale oggetti inanimati e animali vengono raffigurati con fattezze umane.

L’opera di Yoshiiku è ispirata ad un famoso repertorio del teatro kabuki; i tre personaggi principali della storia sono Otomi, Yosaburo e Komoriyasu (il nome di quest’ultimo significa “pipistrello” e per renderlo riconoscibile veniva dipinto tale animale sul suo volto, come in questo caso).

Gatti con fattezze umane
Utagawa Yoshiiku (1833-1904) Yowa Nasake Ukina no Yokogushi, The Story of Otomi and Yosaburo 1860, Nishikie, Tokyo, Hiraki Collection

I musi dei gatti sono la rappresentazione fedele di ritratti di veri attori del kabuki, e le macchie di colore diverso sulla pelliccia richiamano le pettinature della loro versione umana.

Questo genere era utilizzato anche come scappatoia alla rigida censura dettata dalle riforme Tenpo del 1841, le quali impedivano, tra le altre cose, la rappresentazione di attori del kabuki e di cortigiane.

Anche l’opera di Kuniyoshi cerca di evadere alle restrizioni dettate dalla legge attraverso la rappresentazione di soggetti felini. Nell’opera, infatti, viene raffigurata una gatta-geisha che porge la mano al traghettatore. Dietro quest’ultimo vi è un gatto in trepidante attesa, molto probabilmente raffigura il cliente della cortigiana.

Gatti nella tradizione giapponese
Utagawa Kuniyoshi (1798-1861) Cats enjoying the Evening Cool 1839-42, Nishikie, Tokyo, National Museum
iconografia del gatto nell’ukiyo-e

Tramite questa limitata scelta di opere si è potuto notare come siano diverse le rappresentazioni del gatto all’interno dell’ukiyo-e, ed è saltato alla luce come l’immagine di questo felino sia colma di riferimenti simbolici e folkloristici.

La prossima volta che avrete l’occasione di osservare un’opera nella quale è presente anche un gatto, provate a chiedervi quali misteri si celino dietro la sua rappresentazione. L’iconografia del gatto nell’ukiyo-e vi avvicinerà alla cultura giapponese, e potreste voler iniziare un viaggio attraverso l’arte tradizionale nipponica. Ma naturalmente il gatto compare anche nell’iconografia pop, basti pensare a Doraemon, gatto robot degli anime, o a Hello Kitty.

Fonti

Bibliografia
Capriati Manuela, L’ukiyo-e come arte <<di uso e consumo>>
Croissant Doris, Vision of the Third Princess Gendering spaces in The Tae of Genji illustration
Davis Julie Nelson, The trouble with Hideyoshi: censoring ukiyo-e and the Ehon Taikoki incident of 1804
Hiraiwa Yonekichi, A study on tails of japanese cats in arts (平 岩 米 吉  『絵 画 にあ らわれ た 日本 猫 の尾 につ いての― 考察』)
Opler Morris Edward, Japanese folk belief concerning the cat

Conferenzeiconografia del gatto nell’ukiyo-e
Playful Heart: Cats in Ukiyo-e Prints
Feline Fantasies: Cats in the Floating World
Life of Cats: Selections from the Hiraki Ukiyo-e Collection – Video Tour – Rotation 2

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