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Musica tradizionale giapponese

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In giapponese, la parola moderna “musica” (ongaku) si scrive con gli ideogrammi “suono” e “musica”, “piacere”. Quando si parla di musica tradizionale giapponese, invece, si fa riferimento al termine hogaku, formato dai due ideogrammi di “nazione” e “suono”.

L’hogaku, oltre ad essere legata ai rituali, al mondo della spiritualità e agli strumenti, evidenzia soprattutto l’importanza della voce e della sua armonia. La predilezione dei giapponesi per la musica vocale è riportata fin dall’antichità, come su può notare nei 113 canti scritti nel Kojiki, il più antico documento in lingua giapponese arrivato fino ad oggi.

La storia dell’hogaku

La storia della musica giapponese è strettamente connessa all’alternarsi delle aperture o chiusure del Giappone alla cultura straniera, nonché alla sua successiva maturazione all’interno dell’isola. Lo sviluppo dell’hogaku è molto singolare: per esempio quando fu importato il buddismo dall’India, attraverso la Cina, nel VI° secolo, con esso arrivò anche il genere shomyo, un canto liturgico buddhista risalente al VI° secolo, spesso accompagnato da un “tamburo a fessura” dalla caratteristica forma stilizzata di pasce, noto come mokugyo.

Durante il periodo Heian, invece, si sviluppò il gagaku, un genere di musica orchestrale di corte formato dall’unione di diversi generi musicali come il komagaku, genere originario della Corea e della Manciuria, e il togaku, genere cinese e del sud est asiatico.

Strumento di Musica tradizionale giapponese
Lo shamisen

Nei periodi Kamakura e Muromachi si ha la crescente diffusione del sankyoku, un genere di hogaku vocale accompagnato da strumenti quali: lo shamisen (simile ad un liuto), il koto (simile ad una cetra) e lo shakuhachi (caratteristico flauto dritto giapponese), il quale poteva essere sostituito dal kokyu (strumento ad arco).

Successivamente con il diffondersi dello Shinto si iniziò a praticare la “musica degli dèi”, il kagura, che consisteva in canti e danze eseguite per intrattenere e lodare gli dèi, che veniva utilizzata nelle cerimonie formali nei templi o nelle funzioni imperiali oltre che nelle feste religiose stagionali.

L’incontro con l’Occidente

Un altro grande cambiamento nella storia della musica giapponese fu l’apertura al mondo esterno, nel 1879, con la caduta del governo Edo. Dopo più di mille anni di isolamento, il nuovo governo aprì le porte agli stranieri e, conseguentemente, cominciò anche una politica culturale che favorì lo studio della musica occidentale. Fu costituito dal Ministero dell’Educazione l’Ongaku Torishirabe Gakari, uno specifico istituto scolastico per la ricerca sulla musica occidentale (il precedente storico dell’Università di Belle Arti e Musica di Tokyo). Tanti maestri stranieri vi furono invitati ad insegnare, soprattutto dalla Germania e dagli Stati Uniti, per istruire musicisti e docenti di musica giapponesi.

Il flauto giapponese
Lo shakuhachi

La nuova situazione politica favorì l’incontro tra la lingua e la musica giapponese e lo stile musicale occidentale. La lingua giapponese, molto poetica, ha un suono molto particolare, in quanto caratterizzata dalla quasi totale assenza di accenti tonici. Al contrario, la musica vocale e strumentale europea si era sviluppata in relazione a lingue dotate di forti accenti tonici. L’incontro di queste due opposte nature linguistiche diede vita ad un fruttuoso connubio. A causa di questa differenza fondamentale della lingua giapponese, l’adeguamento dello stile musicale nipponico a quello occidentale ha favorito la nascita di uno specifico stile melodico: un nuovo modo di usare la pentafonia (scale di cinque suoni) tradizionale, che andò a creare tipi di hogaku “ibridi” tra lo stile autoctono e lo stile d’oltreoceano.

Musica folkloristica: minyo

Prima dell’apertura all’Occidente in Giappone nacquero vari generi di musica folkloristica, chiamata minyo, che andarono ad affiancare i generi che si sviluppavano a corte. Uno dei primi e più famosi generi ad essersi sviluppato è sicuramente espresso dai cosiddetti biwa hoshi, suonatori itineranti di biwa (liuto dal manico corto), che raccontavano storie con l’accompagnamento musicale. La più famosa di queste storie è l’Heike Monogatari.

Taiko-tamburo-suonatori-festival
Suonatori di Taiko durante un festival

Recentemente in Giappone si è assistito ad una rinascita dell’interesse verso il genere del taiko. Questo è il termine che si usa per indicare determinati tipi di tamburi usati per suonare un particolare tipo di musica. Il genere taiko è iniziato a diventare realmente popolare tra i giovani solo in epoca moderna grazie a dei complessi che riarrangiano le musiche popolari in una chiave più moderna adatta ai particolari tamburi. Questi complessi sono chiamati kumidaiko. Non si conosce una data precisa riguardo le prime apparizioni di tamburi nel Sol Levante, ma dei ritrovamenti archeologici lasciano supporre che il particolare strumento fosse conosciuto già dal VI° secolo. Tuttavia, gli storici pensano che all’epoca non fosse considerato un vero e proprio strumento musicale, ma che venisse invece usato per intimorire i nemici in battaglia e per trasmettere i comandi alle truppe.

Attualmente il genere del taiko è molto utilizzato nella musica religiosa sia buddhista che shinto; infatti, i primi suonatori di taiko furono proprio dei religiosi che, in piccoli gruppi, suonavano i grandi tamburi per occasioni speciali.  

FONTI

ICrewPlay Arte e Cultura, Stili e generi della musica tradizionale giapponese, di Ileana Picariello
Britannica, Japanese music, di William P. Malm
Il taiko, strumento di musica tradizionale giapponese, di Associazione Giapponese Ochacaffè

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