
Nato in Cina, fu nel periodo Kamakura (1185-1333) che in Giappone apparve il cosiddetto Buddhismo Zen, che influenzerà la pittura Zen giapponese. Influenzato dalla dottrina buddhista Tendai nel nono secolo, solo a seguito della guerra Genpei (1180-1185) esso trovò il completo favore dell’élite samuraica e degli studiosi del periodo. Il motivo di tale successo tra i guerrieri giapponesi fu l’attenzione che il Buddhismo Zen poneva sull’insegnamento di una severa autodisciplina, ritenuta necessaria per riuscire a cogliere la vera natura delle cose.
Kichizan Mincho
Proprio nel periodo Kamakura, il Buddhismo Zen influenzò vari aspetti dell’arte giapponese e uno di questi è proprio la pittura. Di particolare importanza uno degli artisti più versatili dell’epoca: Kichizan Mincho.
Molti monaci di questo periodo si dedicarono alla pittura e, grazie al fatto che il Buddhismo Zen si concentrava sulla verità universale espressa nella contemporaneità, poterono scegliere tra una vasta gamma di temi da utilizzare come soggetti per le loro opere.
Kichizan Mincho fu, infatti, un “monaco-pittore” che, durante il suo incarico come supervisore delle strutture e delle scorte (chodensu) del Tofukuji, un tempio buddhista situato a Kyoto, dipinse diverse opere tra cui “La morte del Buddha” (1408), una enorme rappresentazione della morte del Buddha Shaka che doveva essere esposta ogni febbraio nel giorno dell’anniversario della sua morte.
La morte del Buddha
In questo dipinto possiamo notare come le linee di contorno e le ombre utilizzate dall’artista modellino i volti emaciati dei discepoli del Buddha, raccolti intorno a quest’ultimo. Altro dettaglio interessante è lo schema dei colori: nonostante non sia un dipinto monocromatico, sono preminenti due colori in particolare: il rosso che Mincho utilizza per rendere i diversi toni della carnagione degli umani e delle divinità; e il nero, usato per colorare i capelli e i vestiti. L’opera La Morte del Buddha è visibile sopra questo articolo.

Kannon dalla veste bianca
Altre due opere molto importanti di questo versatile artista sono due dipinti monocromatici: la “Kannon dalla veste bianca” (1421) e un paesaggio del 1413 attribuito proprio a Mincho.
Partiamo dall’opera raffigurante il bodhisattva Kannon: questo dipinto è un doshakuga, ovvero rappresenta un tema appartenente alla tradizione buddista che vuole trasmettere l’esperienza soggettiva di ricevere rivelazioni o intuizioni spirituali. I soggetti dei doshakuga includono i bodhisattva, figure che hanno raggiunto l’illuminazione ma che decidono di restare sulla terra per aiutare tutti gli altri esseri umani a raggiungerla e, tra di essi, troviamo proprio Kannon.
Mincho ha dipinto Kannon come una donna bellissima, seduta in modo informale in una grotta, lo sguardo rivolto verso l’oceano. Ella indossa una semplice veste bianca, decorata con gioielli d’oro, mentre la sua natura divina è suggerita solo dalla corona e dall’aureola, rappresentata come un cerchio di nebbia.
Proprio questo dipinto rappresenta il punto in cui il processo di “femminizzazione” di Kannon raggiunge il suo apice: da questo momento in poi, questo bodhisattva verrà rappresentato come una donna bellissima.
Paesaggi e pittura Zen giapponese
Il paesaggio di Mincho è un esempio di shigajiku: rotolo da appendere in cui troviamo delle poesie, spesso composte e copiate da vari sacerdoti, e la rappresentazione monocromatica di un paesaggio immaginario di derivazione cinese.

Ma perché proprio cinese? Gli appartenenti all’élite cinese utilizzavano la calligrafia e la poesia per esprimere i propri sentimenti ma durante la dinastia Tang (618-907), cominciarono ad utilizzare pennelli da calligrafia per dipingere paesaggi e altre figure per il medesimo scopo. In queste opere, inoltre, era solito trovare anche diverse poesie e commenti scritti dagli amici dell’artista come parte integrante dell’opera.
Con la dinastia Song (960-1279) si ebbe la prima età d’oro della pittura di paesaggi creati da letterari (bunjin in giapponese, wenren in cinese). Questi ultimi erano molto vicini alla scuola Chan in Cina (corrispondente alla Zen in Giappone) pertanto i monaci cinesi cominciarono a dipingere paesaggi monocromatici con pennellate calligrafiche con lo scopo di esprimere il pensiero e la pratica Zen.
Anche la pittura tradizionale in Corea del Sud risente molto dell’influenza buddista, ma anche del confucianesimo.
Fonti pittura Zen giapponese
P. Mason, D. Dinwiddie (Revised by), History of Japanese Art, Pearson Education Inc, Upper Saddle River, New Jersey, USA, 1993
Le sculture di Toshi Busshi sono altri esempi di arte di influenza buddhista.
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